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112 Eminescu

noi non abbiamo nè tempo nè luogo,
      e non conosciamo la morte.

Dal seno dell’eterno ieri
      vive l’oggi che muore;
315se un sole si spegne nel cielo,
      s’accende un altro sole.

Pur sembrando nascere in eterno,
      è la morte che infin lo divora,
poi che tutto nasce per morire,
      320e muor per nascere.

Ma tu, Iperione, rimani
      lo stesso dovunque tramonti,
tu sei delle prime forme create,
      l’eterno miraeoi tu sei.

325Vuoi ch’io dia alla tua bocca
      tal voce che il canto
suo seguano i monti e le selve
      e l' isole del mare?

Vuoi forse mostrare co’ tuoi fatti
      330giustizia e valore?
Ti darò il mondo in frantumi,
      perchè tu ne faccia un Impero.

Ti darò vascelli e vascelli,
      ti darò eserciti potenti,
335a percorrere in lungo e in largo
      la terra e il mare; ma la morte non posso

E perchè poi vorresti morire?
      Volgiti e guarda
verso quel mondo roteante,
      340e vedi che t’aspetta!»?

    
Dal posto a lui fisso nel cielo
      Iperion si volge,