Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/220

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142 Note


Sole che innamora le vergini mortali. Cosi si spiega come in rumeno possa esser preceduto dall’articolo indeterminato: un Luceafăr, come noi diremmo: un angelo o un demonio. Luceafărul è anche il titolo d’una fra le più belle e delicate poesie di Eminescu. — 7. mugge. Un «pianto che mugge» potrà sembrar strano. Ma il verbo rumeno vuește significa proprio il muggir lamentoso del vento nelle notti d’inverno, e, con quest’avvertenza, credo che possa andare. — 12. lì ove ti aspetta. Costruzione ellittica per: e sei andato dove ecc. — 13. che intona. Il che è qui oggetto. Il soggetto è: il dolce canto delle stelle. — 20. di duolo nazionale. Nel testo: ciò che è duolo nazionale.

II. - Ad Heliade.

Così nel testo. Noi abbiamo aggiunto per i lettori italiani il secondo cognome del poeta e poligrafo rumeno per maggiore chiarezza e ad evitare possibili confusioni. Ion Heliade-Rădulescu è, con Gheorghe Lazăr e Gheorghe Asaki, il precursore, il propulsore, e, in certo senso, il creatore della nuova letteratura rumena. Letterato, uomo politico, cospiratore, maestro elementare, professore, giornalista, autore di manuali per le scuole, che furono i primi a essere scritti e pubblicati in rumeno, poeta, letterato, direttore e fondatore di giornali e riviste politiche e letterarie, primo fondatore del teatro nazionale in lingua rumena; quest’uomo meraviglioso campeggia come un gigante sul davanti dell’edificio della civiltà rumena contemporanea. Per noi italiani la sua opera ha un interesse particolare perchè è il fondatore di una teoria linguistica detta dell’italianismo, diramazione di quella latinista, che si proponeva rimpiazzar le parole d’origine slava con altrettante italiane o italianizzate, e di riformar l’ortografia sulle basi dell’ortografia italiana. Se non che, specie nel secondo periodo della sua attività filologica e letteraria, cadde in tali esagerazioni, da offrire il fianco al ridicolo, e, da quel momento, l’influenza italiana cominciò a decadere. — 3. settuagenario. Nel testo: del vecchio bardo. Ho creduto concedere qualcosa al bisogno di una prosa più numerosa e che riproducesse un po’ del ritmo del verso. — 9. Questi biondi riccioli diventano al v. 12 riccioli d’argento. Bisogna intendere quel biondo quasi argenteo dei vecchi, che, come direbbe Dante, non è bianco ancora e il biondo muore. — 13. ch’Eolo dolce intona: cioè intona dolcemente. — 23-24. Alla lettera, con uno di quegli anacoluti così frequenti in rumeno: «se non tutta la vita, ma il canto mio di morte fosse come «la tua Maledizione.... ch’io la canti e poi muoia!».