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militare, sostenne sul finire dell’anno un esame al quale assisterono il Re, la Regina e il ministro della guerra. Il giovine principe fu interrogato dal colonnello Osio, dal capitano Morelli di Popolo, dai professori Morandi, Zambaldi e Perotti e dal canonico Anzino. Dopo quell’esame il ministro gli consegnò il brevetto di alunno della Scuola di Guerra.

I lavori così pubblici come privati erano spinti alacremente. Un battaglione operaio romagnolo era giunto per la bonifica di Ostia e Fiumicino. Erano un migliaio circa di uomini forti, costituiti in società, che venivano a sfidare la malaria, con la speranza di un buon guadagno; molti in dieci anni sono periti, ma il battaglione sussiste sempre e lavora sempre.

Il vasto quadrato del palazzo Poli era stato venduto dal principe di Piombino ai signori Basevi Belluni, i quali avendo demolito quella parte che occorreva per il nuovo tratto della via del Tritone, vi ricostruivano i molti palazzi che portano ancora il nome di Poli; la Società per il Teatro Stabile, dopo avere speso male molti denari per l’acquisto di commedie, come l’Humanitas del Pandolfi, che fece ridere tutta Roma, ne spendeva altri e non pochi per costruire in via Nazionale l’elegante teatro, che ha avuto per alcuni anni una certa voga. Era stata firmata con la società della Mediterranea una convenzione per la stazione di Trastevere, le demolizioni e le ricostruzioni continuavano su larga scala, al Tevere si lavorava e il ponte Rotto era stato chiuso, e s’incominciava a costruire quello Margherita.

Roma era piena di operai, piena per modo che essi formavano una casta a sè. Lavoro ce n’era per tutti e ce ne sarebbe stato più in seguito, cosicchè l’immigrazione continuava sempre e se si andava in un cantiere di costruzioni, si sentivano parlare tutti i dialetti d’Italia.

Nel concorso per il monumento a Cavour era riuscito vincitore Stefano Galletti; per quello al Sella il Parlamento aveva nominato una commissione.

Il Papa sul finire di quell’anno tenne un concistoro nel quale dette la porpora ai monsignori Massaia, Celesia, Verga, Laurenzi, Masetti, Gori-Merosi, Monescillo, Gangelbauer e Gonzales. Il Celesia era arcivescovo di Palermo, il Gangelbauer di Vienna, il Monescillo di Valenza, il Gonzales di Siviglia. Il cardinal Massaia era così malato che dovette andare al concistoro in portantina. Il lungo soggiorno in Africa avea minato la salute del coraggioso missionario. Il Celesia venendo a Roma a prendere il cappello, aveva partecipato al Governo la sua esaltazione al cardinalato.

Alla Corte si celebrarono le nozze della marchesina Melania Montereno di Villamarina col principe d’Abro, giovane armeno, che aveva stabilito a Napoli la sua dimora.

Una perdita dolorosa colpì il duca Torlonia; sua madre, donna Teresa di casa Chigi, giovane ancora e amatissima dalla famiglia, morì nel dicembre.

L’anno, che era stato funesto a tante provincie italiane, terminava con un fatto consolante: la nostra rendita per la prima volta si negoziava alla pari.

Quel 31 dicembre fu molto funesto pel professore Sbarbaro. Egli fu arrestato in casa di un certo Volpi, in via della Luce in Trastevere; la moglie era stata pedinata e le guardie avevano potuto scoprire il nascondiglio di lui. Sbarbaro aveva scommesso 100,000 lire col questore Serrao che non sarebbe riuscito ad arrestarlo, e la sfida era comparsa sulle Forche Caudine, che continuava a scrivere dal suo nascondiglio. Naturalmente la scommessa non fu pagata, ma il Serrao fu più contento di quell’arresto che se avesse intascata la somma, e per lo Sbarbaro incominciò da quel momento l’espiazione, che non fu lunga.