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Una commissione di otto operai andò dal ff. di sindaco e gli fece le più strane proposte, ma egli, e l’assessore Mazzino calmarono questi operai, che se ne andarono soddisfatti. Quando la commissione apparve in cima alla gradinata nacque un tale disordine che fu necessario l’aiuto d’un’altra compagnia, accolta da alcuni al grido di «Viva l’esercito», da altri a quello di «Abbasso le baionette», «Morte agli sbirri»; e, mentre i sassi volavano, i soldati caricavano la folla e riescivano a sgombrare la piazza. Il resto della giornata passò abbastanza tranquillo. Ma il fatto strano che si verificò il domani è davvero degno d’esser notato: il ff. di sindaco, marchese Guiccioli, secondo le sue promesse fece subito cominciare i lavori del piano regolatore, ma... operai non se ne trovarono. L’impresa Frontini e Marotti ne cercò e non ne trovò, come pure il costruttore Cappi. Dunque? Coloro che dicevano che non trattavasi di crise operaia ma di sobillazione interessata avevano ragione, e aveva pure ragione il ministro dell’Interno, che rispondendo alla Camera ad una interrogazione dell’on. Cavallotti, diceva:
«Signori, denaro è corso per provocare i disordini, e non è solo denaro italiano!»
Furono ripresi molti lavori e fu dato mano a molti altri. Il Governo fece principiare quelli di sterro al Policlinico e della passeggiata Flaminia, e tra i lavori approvati, fu messo mano alla caserma d’artiglieria al Macao, a quella di fanteria a S. Marta, al ponte Umberto, e continuati quelli dell’Ospedale militare, della piazza d’Armi e del ponte Garibaldi.
Si credè che la crise della ditta Moroni fosse anche scongiurata con un aiuto di 2,500,000 di lire dategli dalla Società dell’Esquilino per far fronte agli impegni bancari pendenti, e ultimare le costruzioni. Invece il sussidio non servì a nulla. Quella ditta aveva affari per 48 milioni rappresentati da edifizi ultimati e da ultimare. Erano impegnate la Società dell’Esquilino per 24 milioni, la Tiberina per circa 6 e l’Immobiliare per la Banca Nazionale per 2, e diversi istituti e privati per altre somme minori; un aiuto largo per parte della Banca Nazionale avrebbe impedito il fallimento, che fu dichiarato qualche tempo dopo, invece non volle darlo altro che incompleto, e la ditta fallì travolgendo nel disastro la Tiberina.
Il 2 di febbraio comincia la demolizione dell’Apollo mentre s’inaugura l’Argentina, ampliata, ripulita, accomodata, da non riconoscere più, sotto quelle spoglie eleganti, la vecchia carcassa di pochi anni prima; e i romani facilmente dimenticano il loro Apollo, quel teatro nel quale avevano passate tante dolci serate, per gettarsi nelle braccia della ringiovanita Argentina. Che non se ne siano avuti a pentire gli ingrati?
Un voto del Senato contro il progetto per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d’arte, aveva fatto uscire dal gabinetto l’on. Coppino; egli fu molto pregato di rimanere perchè recentissimo era il trionfo riportato nella votazione della legge sull’insegnamento secondario, ma il deputato d’Alba rimase incrollabile ed a ministro della pubblica istruzione fu nominato l’on. Paolo Boselli. Questa nomina e quella del conte di Robilant all’ambasciata di Vienna si dissero incostituzionali.
Tra gli uomini che la bella Italia ospitava ve ne era uno specialmente caro a ogni buon patriotta, un principe la cui salute destava vive e serie apprensioni: Federico di Prussia, l’eroico soldato della guerra del 1870, che a San Remo lottava contro una malattia terribile, e gli italiani, memori della salda amicizia della Prussia per l’Italia, e i romani specialmente, che lo vedevano ancora presentare il piccolo Principe di Napoli al popolo dalla loggia del Quirinale, facevano voti perchè a lui fosse resa la salute per il bene della Germania.