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respingere l’indennità della Francia, disponendo di un capitale che per diritto spettava ai danneggiati. Anche a Roma si costituì un comitato per raccogliere offerte e l’on. Baccelli fece circolare liste di sottoscrizioni in tutte le scuole del Regno, che dettero un bel provento.

Il palazzo Avenali-Cremonesi, che aveva dato luogo alla condanna del Fanfulla, era stato venduto a una Società inglese, che in pochi mesi, valendosi di operai italiani e fornendosi del necessario nelle fabbriche italiane, lo aveva trasformato in un albergo sontuoso, che prese il nome di Grand Hôtel. L’inaugurazione, alla quale erano state invitate tutte le autorità, il nuovo ambasciatore inglese, Sir Francis Clare Ford, e uno stuolo di signore, riuscì una festa elegantissima, un avvenimento per la città, e subito l’albergo si empi di forestieri, e in tutto l’inverno fu da essi preferito ad ogni altro.

A Corte vi furono i soliti pranzi e i soliti balli; i Sovrani riceverono pure la presidenza dell’Accademia di San Luca, che presentò loro una medaglia commemorativa del terzo centenario della fondazione dell’ istituto, e gli opuscoli dello Zuccari ristampati in quella occasione. I Sovrani gradirono molto i doni e si mostrarono lieti delle prospere sorti dell’Accademia.

L’on. Simonetti, in seguito al processo per la Banca Romana, aveva dato le dimissioni da deputato ed era rimasto vacante per conseguenza il II collegio di Roma. Molti cittadini pensarono a portar candidato Ruggiero Bonghi, al quale l’opposizione del Giolitti aveva precluso l’adito a Montecitorio. Il partito avanzato portava il dottor Montenovesi e trionfò.

Al riaprirsi del Senato, il duca degli Abruzzi, avendo compiuto il 21° anno di età, fu iscritto nell’albo dei Senatori. Egli non poteva giurare a Montecitorio nella Seduta Reale, perchè non vi erano state le elezioni generali. Egli fece in seguito atto di deferenza verso la Camera vitalizia andandovi, introdotto dai senatori Canizzaro e Tabarrini, per prestar giuramento. Era un caso nuovo e il presidente lo notò rivolgendogli un riverente saluto. Il segretario della presidenza, Barone di San Giuseppe, gli presentò un astuccio contenente la medaglia di Senatore.

Appena riunito il Senato, il presidente comunicò la revoca del Tanlongo da Senatore e aggiunse che la Commissione dei 5 Senatori nominata per esaminare il plico delle sofferenze bancarie, aveva presentato alla Presidenza la relazione riassuntiva, insieme con altre relazioni separate contenenti i resultati delle indagini fatte. Fu stabilito di esaminarle subito in seduta privata. Dopo fu ripresa la seduta pubblica e venne approvato un ordine del giorno di plauso alla Commissione, e non avendo riscontrato materia per ulteriori deliberazioni, il Senato ordinava la stampa delle relazioni stesse e passava all’ordine del giorno.

Così il Senato con un procedimento sollecito e decoroso, fece tacere gli scandali, che si volevano suscitare.

Dopo lo scacco sofferto nella formazione del Gabinetto, l’on. Zanardelli non poteva rimanere presidente della Camera. Egli aveva dato le dimissioni, che non furono accettate, ma insistendo nel mantenerle, la Camera dovette procedere alla elezione. Molti deputati riportarono candidato lo Zanardelli, altri l’on. Biancheri. A primo scrutinio nessuno di due ebbe il numero legale di voti; nel secondo il Biancheri ne riportò 191 e lo Zanardelli 187, fu eletto il primo.

Ma avanti della elezione presidenziale, il presidente del Consiglio aveva fatto esplicite dichiarazioni affermando la necessità di uscire dallo stato morboso che incombeva sul paese e sulla Camera.

Questa rise alla proposta degli on. Agnini, Prampolini e Enrico Ferri di porre in istato d’accusa il Ministero, e approvò la domanda dell’on. Cavallotti che fossero distribuiti i documenti stampati, annessi all’inchiesta del Comitato dei Sette. Erano otto volumi e furono distribuiti nella serata.