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Pagina:Eneide (Caro).djvu/108

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[395-419] libro ii. 67

395E ruote e carri a’ piedi, e funi al collo.
Così mossa e tirata agevolmente
La machina fatale il muro ascende,
D’armi pregna e d’armati, a cui d’intorno
Di verginelle e di fanciulli un coro,
400Sacre lodi cantando, con dilétto
Porgean mano a la fune. Ella per mezzo
Tratta de la città, mentre si scuote,
Mentre che ne l’andar cigola e freme,
Sembra che la minacci. O patria, o Ilio,
405Santo de' numi albergo! inclita in arme
Dardania terra! Noi la pur vedemmo
Con tanti occhi a l’entrar, che quattro volte
Fermossi, e quattro volte anco n'udimmo
Il suon de l’armi: e pur, da furia spinti,
410Ciechi e sordi che fummo, i nostri danni
Ci procurammo: chè 'l dì stesso addotto
E posto in cima a la sacrata ròcca
Fu quel mostro infelice. Allor Cassandra
La bocca aperse, e quale esser solea
415Verace sempre e non creduta mai,
L’estremo fine indarno ci predisse:
E noi di sacra e di festiva fronde
Velammo i templi il dì, miseri noi!
Che de' lieti dì nostri ultimo fue.


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