Pagina:Eneide (Caro).djvu/110

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[445-469] libro ii. 67

445Miser le schiere congiurate insieme:
E dier forma a l’assalto. Era ne l’ora
Che nel primo riposo hanno i mortali
Quel ch’è dal cielo a i loro affanni infuso
Oportuno e dolcissimo ristoro;
450Quand’ecco in sogno (quasi avanti gli occhi
Mi fosse veramente) Ettor m’apparve
Dolente, lagrimoso, e quale il vidi
Già strascinato, sanguinoso e lordo
Il corpo tutto, e i piè forato e gonfio.
455Lasso me! quale e quanto era mutato
Da quell’Ettòr che ritornò vestito
De le spoglie d’Achille, e rilucente
Del foco ond’arse il gran navile argolico!
Squallida avea la barba, orrido il crine
460E rappreso di sangue; il petto lacero
Di quante unqua ferite al patrio muro
Ebbe d’intorno. E mi parea che 'l primo
Foss’io che lagrimando gli dicessi:
O splendor di Dardania, o de’ Troiani
465Securissima speme, e quale indugio
T’ha fin qui trattenuto? Ond’or ne vieni
Tanto da noi bramato? Ahi dopo quanta
Strage de’ tuoi, dopo quanti travagli
De la nostra città, già stanchi e domi


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