Pagina:Eneide (Caro).djvu/294

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[195-219] libro vi. 253

195Questo a pochi è concesso, ed a quei pochi
Ch’a Dio son cari, o per uman valore
Se ne poggiano al cielo. A questi è dato
Come a’ celesti. Il loco tutto in mezzo
È da selve intricato, e da negre acque
200De l’infernal Cocíto intorno è cinto.
Ma se tanto disio, se tanto amore
T’invoglia di veder due volte Stige
E due volte l’abisso, e soffrir osi
Un così grave affanno, odi che prima
205Oprar convienti. È ne la selva opaca,
Tra valli oscure e dense ombre riposto
E ne l’arbore stesso, un lento ramo
Con foglie d’oro, il cui tronco è sacrato
A Giuno inferna: e chi seco divelto
210Questo non porta, ne’ secreti regni
Penetrar di Plutone unqua non pote.
Ciò la bella Proserpina comanda,
Che per suo dono il chiede; e svelto l’uno
Tosto l’altro risorge, e parimente
215Ha la sua verga e le sue chiome d’oro.
Entra nel bosco, e con le luci in alto
Lo cerca, il trova, e di tua man lo sterpa;
Ch’agevolmente sterperassi, quando
Lo ti consenta il fato. In altra guisa


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