Pagina:Eneide (Caro).djvu/368

Da Wikisource.
[670-694] libro vii. 327

670Più che non credi. Non però ne temo
Quel che tu ne vaneggi; e non m’ha Giuno
(Penso) in tanto dispregio e ’n tale oblio.
Ma tu dagli anni rimbambita e scema
Entri, folle, in pensier d’armi e di stati,
675Ch’a te non tocca. Quel ch’è tuo mestiero,
Governa i templi, attendi ai simulacri,
E di pace pensar lascia e di guerra
A chi di guerreggiar la cura è data.
     Furia a la Furia questo dire accrebbe,
680Sì che d’ira avvampando, ella il suo volto
Riprese e rincagnossi: ed ei negli occhi
Stupido ne rimase, e tremò tutto:
Con tanti serpi s’arruffò l’Erinne,
Con tanti ne fischiò, tale una faccia
685Le si scoverse. Indi le bieche luci
Di foco accesa, la viperea sferza
Gli girò sopra, e sì com’era immoto
Per lo stupore, ed a più dire inteso,
Lo risospinse; e i suoi detti e i suoi scherni
690Così rabbiosamente improverògli:
     Or vedrai ben se rimbambita e scema
Sono entrata in pensier d’armi e di stati,
Ch’a me non tocchi; e se son vecchia e folle:
Guardami, e riconoscimi; ch’a questo


[437-454]