Pagina:Eneide (Caro).djvu/369

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328 l’eneide. [695-719]

695Son dal Tartaro uscita, e guerra e morte
Meco ne porto. E, ciò detto, avventògli
Tale una face e con tal fumo un foco,
Che fe’ tenebre agli occhi e fiamme al core.
     Lo spavento del giovine fu tale,
700Che rotto il sonno, di sudor bagnato
Si trovò per angoscia il corpo tutto:
E stordito sorgendo, arme d’intorno
Cercossi, armi gridò, d’ira s’accese,
D’empio disio, di scelerata insania
705Di scompigli e di guerra: in quella guisa
Che con alto bollor risuona e gonfia
Un gran caldar, quand’ha di verghe a’ fianchi
Chi gli ministra ognor foco maggiore,
Quando l’onda più ferve, e gorgogliando
710Più rompe, più si volve e spuma e versa,
E ’l suo negro vapore a l’aura essala:
Così Turno commosso a muover gli altri
Si volge incontinente; e de’ suoi primi,
Altri al re manda con la rotta pace,
715Ad altri l’apparecchio impon de l’arme,
Onde Italia difenda, onde i Troiani
Sian d’Italia cacciati: ed ei si vanta
Contra de’ Teucri e contra de’ Latini
Aver forze a bastanza. E ciò commesso,


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