Pagina:Eneide (Caro).djvu/372

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[770-794] libro vii. 331

770D’uomo in guisa più tosto che di fera,
Erano i mugghi onde la casa empiea.
Silvia lo vide in prima, e col suo pianto,
Col batter de le mani, e con le strida
Mosse i villani a far turbe e tumulto.
775Sta questa peste per le macchie ascosa,
Di topi in guisa, a razzolar la terra
In ogni tempo, sì che d’ogni lato
N’usciron d’improvviso; altri con pali
E con forche e con bronchi aguzzi al foco;
780Altri con mazze nodorose e gravi,
E tutti con quell’armi ch’a ciascuno
Fecer l’ira e la fretta. Era per sorte
Tirro in quel punto ad una quercia intorno,
E per forza di cogni e di bipenne
785L’avea tronca e squarciata: onde affannoso,
Di sudor pieno, fieramente ansando
Con la stessa ch’avea secure in mano
Corse a le grida, e le masnade accolse.
L’infernal Dea, ch’a la veletta stava
790Di tutto che seguia, veduto il tempo
Accomodato al suo pensier malvagio,
Tosto nel maggior colmo se ne salse
De la capanna, e con un corno a bocca
Sonò de l’armi il pastorale accento.


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