Pagina:Eneide (Caro).djvu/385

Da Wikisource.
344 l’eneide. [1095-1119]

1095E tutti alfin che nel calarsi al mare
Bagna d’ambe le sponde Allia infelíce.
Tanti flutti non fa di Libia il golfo
Quando cade Orïon ne l’onde, il verno;
Nè tante spiche hanno dal sole aduste,
1100La state, o d’Ermo o de la Licia i campi,
Quante eran genti. Arme sonare e scudi
S’udian per tutto, e tutta al suon de’ piedi
Trepidar si vedea l’ausonia terra.
     Quindi ne vien l’Agamennonio auriga
1105Alèso, del troian nome nimico;
Che di mille feroci nazïoni,
In aita di Turno, un gran miscuglio
Dietro al suo carro avea di montanari.
Parte de’ pampinosi a Bacco amici
1110Mássici colli, e parte degli Aurunci,
De’ Sidicini liti, di Volturno,
Di Cale, de’ Satícoli e degli Osci.
Questi per arme avean mazze e lanciotti
Irti di molte punte, e di soatto
1115Scudisci al braccio, onde erano i lor colpi
Traendo e ritraendo, in molti modi
Continuati e doppi. E pur con essi
Aveano e per ferire e per coprirsi
Targhe ne la sinistra, e storte al fianco.


[717-732]