Pagina:Eneide (Caro).djvu/398

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[170-194] libro viii. 357

170Dato di piglio, incontro a lor si spinse.
Giunto, gridò da l’argine: O compagni,
Qual fin v’adduce, o qual v’intrica errore
Per così torta e disusata via?
Ov’andate? chi siete? onde venite?
175Che ne recate voi? la pace, o l’armi?
Enea di su la poppa un ramo alzando
Di pacifera oliva, Amici, disse,
Vi siamo, e siam Troiani, e coi Latini
Vostri nimici inimicizia avemo.
180Questi superbamente il nostro essiglio
Perseguitando ne fan guerra ed onta.
Ricorremo ad Evandro. A lui porgete
Da nostra parte, che de’ Teucri alcuni
Son qui venuti condottieri eletti
185Per sossidi impetrarne e lega d’arme.
     Stupì primieramente a sì gran nome
Pallante, indi vèr lui rivolto umíle:
Signor, qual che tu sii, scendi e tu stesso
Parla, disse, al mio padre, e nosco alloggia.
190E lo prese per mano ed abbracciollo.
Lasciato il fiume e ne la selva entrati,
Enea dinanzi al re comparve e disse:
     Signor, che di bontà sovr’ogni Greco,
E di fortuna sovr’a me ten vai


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