Pagina:Eneide (Caro).djvu/402

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[270-294] libro viii. 361

270Per man de’ sacerdoti e de’ ministri
Del sacrificio, d’arrostite carni
De’ tori, di vin puro, di focacce,
Gran piatti, gran canestri e gran tazzoni
N’andaro a torno; e co’ suoi Teucri tutti
275Enea fu de le viscere pasciuto
Del saginato a Dio devoto bue.
     Tolte le mense, e ’l desiderio estinto
De le vivande, a ragionar rivolti,
Evandro incominciò: Troiano amico,
280Questo convito e questo sacrificio
Così solenne, e questo a tanto nume
Sacrato altare, instituiti e posti
Non sono a caso; chè del vero culto
E degli antichi Dei notizia avemo.
285Per memoria, per merito e per voto
D’un gran periglio sua mercè scampato,
Son questi onori a questo dio dovuti.
Mira colà quella scoscesa rupe,
E quei rotti macigni, e di quel colle
290Quell’alpestra ruina, e quel deserto.
Ivi era già remota e dentro al monte
Cavata una spelonca, ov’unqua il sole
Non penetrava. Abitatore un ladro
N’era, Caco chiamato, un mostro orrendo


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