Pagina:Eneide (Caro).djvu/443

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402 l’eneide. [145-169]

145Più tosto allor che saran giunte al fine,
E che in porto saranno, a quelle tutte
Che, scampate da l’onde, il teucro duce
Avran ne’ campi di Laurento esposto,
Torrò la mortal forma, e Dee farolle
150Che qual di Nèreo e Doto e Galatea
Fendan coi petti e con le braccia il mare.
Così detto, il torrente e la vorago
E la squallida ripa e l’atra pece
D’Acheronte giurando, abbassò ’l ciglio,
155E fe’ tutto tremar col cenno il mondo.
Or questo era quel dì, quest’era il fine
Da le Parche dovuto ai teucri legni:
Onde la madre Idèa contra l’oltraggio
Si fe di Turno, e gli sottrasse al foco.
160Primieramente inusitata luce
Balenando rifulse; indi un gran nembo
Di Coribanti per lo ciel trascorse
Di vèr l’aurora; ed una voce udissi
Ch’empiè di meraviglia e di spavento
165L’un esercito e l’altro: O miei Troiani,
Dicendo, non vi caglia a’ miei navili
Porger soccorso; nè perciò nel campo
Uscite a rischio. Arderà Turno il mare
Pria che le sacre a me dilette navi.


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