Pagina:Eneide (Caro).djvu/444

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[170-194] libro ix. 403

170E voi, mie navi, itene sciolte: e Dee
Siate del mare. Io genitrice vostra
Lo vi comando. A questa voce, in quanto
Udissi a pena, s’allentâr le funi
De’ lor ritegni; e di delfini in guisa
175Coi rostri si tuffaro. Indi sorgendo
(Mirabil mostro!), quante a riva in prima
Eran le navi, tanti di donzelle
Si vider per lo mar sereni aspetti.
Sgomentaronsi i Rutuli; e Messápo
180Co’ suoi cavalli attonito fermossi.
Il padre Tiberin roco mugghiando
Dal mar fuggissi. Nè perciò di Turno
Cessò l’audacia, anzi via più feroce,
Gli altri essortando e riprendendo, Ah, disse,
185Di che temete? Incontro ai Teucri stessi
Vengon questi prodigi; e loro ha Giove
De le lor forze essausti. Il ferro e ’l fuoco
Non aspettan de’ Rutuli: han del mare
Perduta e de la fuga ogni speranza.
190Essi del mare infino a qui son privi;
E la terra è per noi, tante son genti
D’Italia in arme. Nè tem’io de’ vanti
Che de’ lor vaticini e de’ lor fati
Da lor si danno. Assai de’ fati, assai


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