Pagina:Eneide (Caro).djvu/495

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454 l’eneide. [145-169]

145Che fu de la rottura il primo seme?
Io condussi l’adultero pastore
A l’impresa di Sparta? Io fui ch’a l’armi,
Io ch’a l’amor l’accesi? Allora il tempo
Fu d’aver téma e gelosia de’ tuoi,
150Non or che le querele e le rampogne
Che ne fai, sono ingiuste e tarde e vane.
     Così Giuno dicea; quando fremendo
Gli Dei tutti mostrâr, che chi con questa
Consentian, chi con quella. In guisa tale
155S’odono i primi venti entro una selva
Mormorar lunge, e non veduti ancora
Porgere a’ marinari indicio e téma
Di propinqua tempesta. Allor del cielo
Il sommo, eterno, onnipotente padre
160Riprese a dire. Al suo parlar chetossi
La celeste magion; chetârsi i venti,
E l’aria e l’onde; e sola infino al centro
Tremò la terra. Ei disse: Or che gli Ausoni
Confederar co’ Teucri ne si toglie,
165E voi tra voi non v’accordate, udite
Quel ch’io vi dico, e i miei detti avvertite.
     Quella stessa fortuna e quella speme,
Qual ch’ella sia, ch’i Rutuli o i Troiani
Oggi da lor faransi, io vi prometto


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