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Pagina:Eneide (Caro).djvu/496

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[170-194] libro x. 455

170Aver per rata, e non punto inchinarmi
Più da quei che da questi: e sia l’assedio
De’ Teucri o per destino, o per errore,
O per false risposte. E ciò dico anco
De’ Rutuli. Il successo e buono e rio
175Fia d’una parte e d’altra qual ciascuna
Per sè lo s’ordirà. Giove con ambi
Si starà parimente, e ’l fato in mezzo.
Così detto, il torrente e la vorago
E la squallida ripa e l’atra pece
180D’Acheronte giurando, abbassò ’l ciglio,
E tremar fe col cenno il mondo tutto.
Finito il ragionar, suso levossi
Del seggio d’oro; e gli fer tutti intorno
Corona e compagnia fino a l’albergo.
     185L’essercito de’ Rutuli stringendo
L’assedio intanto, in su le porte e ’ntorno
Facea de la muraglia incendi e stragi;
E i Teucri assedïati, entro ai ripari
E sopra ai torrïoni a la difesa
190Stavan, miseri! indarno; e senza speme
Di fuga un raro cerchio avean disteso
Su per le mura. Era de’ primi Iaso
D’Imbrásio il figlio, e ’l figlio d’Icetone
Detto Timete, e ’l buon Cástore insieme


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