Pagina:Eneide (Caro).djvu/506

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[420-444] libro x. 465

     420Si spinge a tutti, e grida: Ecco adempito
Vostro maggior disio. Più non vi sono
Le mura in mezzo. In voi, ne le man vostre
La pugna e Marte e la vittoria è posta.
Or qui de la sua donna, de’ suoi figli,
425De la sua casa si rammenti ognuno:
Ognun davanti si proponga i fatti
E le lodi de’ padri. Andiam noi prima
A rincontrargli, infin che l’onde e ’l moto
Ce gli rende del mar non fermi ancora.
430Via, ch’agli arditi è la fortuna amica.
     Detto così, va divisando come
Parte lor contra ne conduca, e parte
A l’assedio ne lasci. Intanto Enea
Per disbarcare i suoi, le scafe e i ponti
435Avea già presti. E di lor molti attenti
Al ritorno de’ flutti con un salto
Si lanciarono in secco; e chi co’ remi,
Chi con le travi ne l’arena usciro.
     Tarconte, poi ch’ebbe la riva tutta
440Ben adocchiata, non là dove il vado
Disperava del tutto, o dove l’onda
Mormorando frangea, ma dove cheta
E senza intoppo avea corso e ricorso,
Voltò le prore; e, Via, disse, compagni,

Caro. — 30. [278-294]