Pagina:Eneide (Caro).djvu/570

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[570-594] libro xi. 529

570Nè consentir che vïolenza altrui
Tel proibisca. Da’, buon padre, ancora
Questa tua figlia a genero sì degno,
E con sì degno maritaggio eterna
Fa’ questa pace. E se ’l terrore è tanto
575Che s’ha di lui, da lui stesso impetriamo
Grazia e licenza che la patria sua,
Che ’l suo re prevaler si possa almeno
Del suo sangue a suo modo. E tu cagione,
Tu di tanta ruina autore e capo,
580A che pur tante volte a tanti strazi,
A tanti rischi, a manifesta morte
Questi tuoi meschinelli cittadini
Esponi indarno? e qual è ne la guerra
Più salute e speranza? A te noi tutti
585Pace, Turno, chiedemo, e de la pace
Quel ch’è sol fermo e ’nvïolabil pegno.
Ed io prima di tutti, io cui tu fingi
Che nimico ti sia (nè tal mi curo
Che tu mi tenga) a supplicar ti vegno
590Umilemente. Abbi pietà de’ tuoi;
Pon giù la stizza; e poi che sei cacciato,
Vattene. Assai di strage, assai di morti
S’è visto: assai ne son le genti afflitte
Vedovi i tetti e desolati i campi;

Caro. — 34. [354-367]