Pagina:Eneide (Caro).djvu/601

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560 l’eneide. [1345-1369]

1345Splender ne l’armi, e gir di sua follia
Superbo e gonfio, Ove ne vai? diss’ella,
Qui convien che ti fermi, e qui morendo
De la morta Camilla il premio avrai
Degno di te, se di perir sei degno
1350De l’armi di Dïana. E, ciò dicendo,
La buona arciera del turcasso aurato
Trasse un acuto strale, e l’arco tese,
E tirò sì ch’ambe le corna estreme
Vennero al mezzo, ed ambe parimente
1355Le mani, una tirata e l’altra spinta.
Quella toccò la poppa e questa il ferro.
L’arco, l’aura, lo stral sonare udío,
E ferir e morir sentissi Arunte
Tutto in un tempo. I suoi quasi in oblio
1360Così come spirava, in mezzo al campo
Lo lasciâr fra la polve in abbandono:
Ed Opi al ciel tornando a volo alzossi.
     Caduta lei, la schiera di Camilla
Primieramente in fuga si rivolse:
1365Indi turbârsi i Rutuli, e diêr volta.
Diè volta il fiero Atína; e i duci tutti,
E tutte fur le insegne abbandonate.
Cerca ognun di salvarsi, e vèr le mura
Ne vanno a tutta briglia, e più nel campo


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