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Pagina:Eneide (Caro).djvu/612

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[170-194] libro xii. 571

170Chiamata indarno, ora al maggior bisogno
Da te soccorso imploro. Il grande Attòre
Armasti in prima, or sei di Turno in mano.
Dammi che ’l corpo atterri, e la corazza
Dischiodi, e ’l petto laceri e trapassi
175Di questo frigio effeminato eunuco;
Dammi che ’l profumato, inanellato,
Col ferro attorcigliato zazzerino
Gli scompigli una volta, e ne la polve
Lo travolga e nel sangue. In cotal guisa
180Dicendo, infurïava, ardea nel volto,
Scintillava negli occhi, orribilmente
Fremea, qual mugghia il toro allor che irato
Si prepara a battaglia, e l’ira in cima
Si reca de le corna, indi l’arruota
185A qualche tronco, e ’l tronco e l’aura in prima
Ferendo, alto co’ piè sparge l’arena,
E del futuro assalto i colpi impara.
     Da l’altro canto Enea, non men feroce
Ne l’armi di sua madre, al fiero marte
190S’inanima e s’accinge, e del partito
Che gli era per compor la guerra offerto,
Si rallegra, l’accetta: e i suoi compagni
E ’l suo figlio assicura, or di sè stesso
La franchezza mostrando, or le venture


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