Pagina:Eneide (Caro).djvu/619

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578 l’eneide. [345-369]

345Questo mio scettro (chè lo scettro in mano
Avea per sorte) più nè fronda mai
Nè virgulto farà, poichè reciso
Dal vivo tronco, o da radice svelto
Mancò di madre, e già d’arbore ch’era,
350Sfrondato, diramato e secco legno
Di già venuto, e d’oricalco adorno
E per man de l’artefice ridotto
In questa forma, e per quest’uso in mano
Dei re latini è posto. In cotal guisa
355Fermati i patti e l’ostie in mezzo addotte
Tra i più famosi, anzi a l’accese fiamme
Le svenâr, le smembrâr, le svisceraro.
E sì com’eran palpitanti e vive,
Le fibre ne spiâr, le diero al foco,
360N’empiêr le squadre e ne colmâr gli altari.
     Di già disvantaggioso e diseguale
Questo duello a’ Rutuli sembrava:
E già vari bisbigli e vari moti
N’eran tra loro; e com’ più sanamente
365Si rimirava, più di forze impári
Si vedea Turno; ed egli stesso indizio
Ne diè, che lento e tacito e sospeso
Entrò nel campo. E come ancor di pelo
Avea le guance lievemente asperse,


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