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i problemi della logica 141

simo mercato, e chiamando a, b, c.... i relativi prezzi unitarii di vendita, avremo:

1) Nessun compratore è disposto a pagare il grano più di quello che domandi il venditore meno esigente;
2) e nessun venditore è disposto a rilasciare il suo grano ad un prezzo inferiore di quello offerto dal miglior compratore;

per conseguenza tutti i contratti di vendita tendono a livellarsi, e si può accettare come molto prossima al vero l’ipotesi


a = b = c = ....


3) D’altra parte nessuno è disposto a coltivare un campo in pura perdita, sicchè è da ritenere che se qualcuna delle differenze a —  α, b —  β, c —  γ.... fosse (durevolmente) negativa la coltivazione a grano del relativo campo dovrebbe cessare.

Supponendo l’invariabilità dei prezzi a, b, c..., α, β, ...., cioè riferendosi ad un supposto equilibrio economico, si avrà dunque


a — α ≥ 0,     b — β ≥ 0,     c — γ ≥ 0....


Pertanto si deduce che ogni coltivatore profitta di una rendita uguale o superiore alla differenza fra il costo di produzione del grano nel proprio campo e il costo di produzione nel campo meno rimunerativo.

Supposto invero


α > β > γ > δ ...,


si ricava


b — β ≥ α — β,      c — γ ≥ α — γ....


Questa deduzione relativa alla rendita differenziale (nel campo dell’agricoltura e più generalmente di una qualsiasi industria) si completa per via di una deduzione ulteriore fondata su analoghe ipotesi.

Si supponga che:

4) Esista una serie di campi ancora incolti, relativamente ai quali il costo di produzione del grano vada crescendo in modo quasi continuo a partire dal minimo α che appartiene al meno rimunerativo fra i campi coltivati.

Allora deve presumersi che: se il prezzo del grano supera α cioè se a —  α ≥ 0 (e non a —  α = 0), si troverà chi voglia coltivare a grano qualcuno dei campi suddetti.

Così per un lato verrà ad aumentare il costo di produzione del grano nel campo meno rimunerativo (poichè si coltivano campi sempre meno rimune-