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8 capitolo i


È invece una irriducibilità qualitativa della materia, in ordine ai nostri mezzi sperimentali, il resultato a cui condussero le ricerche degli alchimisti. Così il problema di «cambiare i metalli in oro», apparve rientrare in un più largo enunciato, dal quale uscì la Chimica moderna.

Le molteplici variazioni della materia, apparenti dapprima sotto la veste del miracolo, avevano colpito la fantasia degli antichi ricercatori, cui nessun mutamento nella costituzione dei corpi doveva sembrare impossibile. Ma quando la critica dei fatti osservati permise di intravedere «la legge» sovrapponentesi alla varietà dei fenomeni, il problema chimico venne ad assumere il suo vero aspetto scientifico, sollevandosi alla generale indagine dei rapporti e delle condizioni che presiedono al mutamento della materia.

Questo si può dire il nuovo enunciato del problema che, nella mente degli alchimisti, rimaneva nascosto; per quanto almeno si guardi all’oscuro sentimento scientifico da cui erano mosse le loro ricerche.

Chè se, d’altra parte, si consideri lo sviluppo della scienza moderna, non si potrà disconoscere come lo scopo stesso delle ricchezze vagheggiate da quegli antichi ricercatori sia oltrepassato. Imperocchè le applicazioni industriali della Chimica recano, ai dì nostri, benefizii più larghi e pregevoli di quella ricchezza di Mida, che la trasformazione dei metalli in oro ci avrebbe dato.


§ 8. Il problema della conoscenza.

Niuna avidità di ricchezza ha spinto i filosofi a proseguire con tutte le loro forze il problema che concerne la realtà e la conoscibilità delle cose.

Se fossero riusciti nei loro sforzi, un solo resultato era loro promesso: riconquistare cioè, attraverso il dubbio filosofico, quella sicura ed ingenua fede degli uomini, che è al di fuori e al disopra di ogni critica.

Ma per l’appunto gli spiriti più logici, messisi su questa via, sembrarono pervenire a risultati del tutto opposti: niente garantisce quella pretesa realtà, che con alcun mezzo non ci è dato raggiungere; soltanto l’idea è vera, e l’io resta sicuro dominatore di un mondo, che a lui crolla d’intorno.

Mirabili conclusioni! alle quali invero non riesce difficile dare la risposta che Diogene rivolse a Zenone, allorchè questi pretendeva dimostrare la non esistenza del moto: il cinico, levatosi dalla terra ov’era seduto, si mise a camminare in silenzio.

Così appunto risponde all’idealismo metafisico la filosofia positiva, accennando ai fatti che la Scienza ha raccolto.

All’esaltazione dello spirito, che si crede unico signore di un mondo di sogni, ed in se stesso vuole scoprirne le leggi, essa contraddice mostrando una realtà che si allarga e si allontana da noi, e sfugge alla vana pretesa di assoggettarla ai nostri sentimenti o alla nostra volontà.