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16 capitolo i



§ 15. Il valore psicologico dell’Assoluto.

Ma l’analisi logica che rivela il vizio della definizione trascendente, non esaurisce la questione dell’assoluto. Come si spiegherebbe altrimenti il posto che all’assoluto spetta nelle credenze legate ai più intimi sentimenti dell’animo umano? In qual modo un errore nella posizione di un problema, potrebbe dar valore ad un simbolo che abbiamo riconosciuto privo di senso?

Per rispondere a tali domande dobbiamo riattaccarci alle considerazioni concernenti «l’assoluto nella Morale».

Già avvertiamo il carattere peculiare della volontà umana di essere in alto grado progressiva, di sottomettere cioè i fini ad essa proposti in una gerarchia, nella quale il fine più prossimo è subordinato al più lontano.

La consistenza di una gerarchia siffatta esige che in ogni momento il fine superiore agisca sulla volontà come un movente abbastanza forte, contro i motivi occasionali che tenderebbero a volgerne o a infirmarne la determinazione. E questa forza auto-suggestiva viene conferita dall’esperimento che la volontà stessa ha fatto della sua fermezza, e si rivela nella conseguente coscienza che essa ha di non mutare.

Si vede quindi come la progressiva estensione della gerarchia dei fini e la sua consistenza, costituiscano due esigenze psicologiche contradditorie per la volontà umana. Un nuovo fine superiore non può venire a modificare i fini già accettati da essa, senza che sminuisca la sua fiducia nella propria coerenza e nella propria forza.

Quando, nella vita dell’individuo o della società, si allarga rapidamente la prospettiva dei fini, sopravviene quindi uno di quei periodi critici che sono caratterizzati dalla disorganizzazione del volere. Questo stato d’impotenza, annullando momentaneamente la personalità umana, ha d’ordinario in se stesso il proprio correttivo, perchè toglie interesse alla ricerca di fini nuovi. Fermato così il progresso, tutti i moventi discordi che si agitano nella mente travagliata vengono ad una suprema battaglia; e come una determinazione si afferma vittoriosa, apparendo capace di subordinare le altre, l’animo vi si appiglia con tutta l’energia di reazione che dà il bisogno di sfuggire ad uno stato doloroso.

Ogni uomo entrando dall’adolescenza nella giovinezza o da questa nella virilità, passa generalmente per un periodo critico come quello innanzi descritto, e ne esce per virtù propria o per il sostegno altrui.

Similmente, in taluni momenti storici, analoghe crisi delle volontà si producono nell’ordine sociale; si hanno allora periodi di disorganizzazione rivoluzionaria, che seguono ad un troppo rapido progresso e riescono a fermarlo, innalzando smisuratamente il concetto di quell’autorità che si affermò prevalente.