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della fantasia non infrenata da un senso vivo della realtà. Del resto, manca tra questi dominii, una distinzione netta, di guisa che il nascere di una scienza non differisce troppo da uno di quei semi-sogni che si fanno presso al risveglio.

Appare quindi il pericolo di una preparazione storica che si rivolga esclusivamente all’aspetto indeterminato della Filosofìa. Uno spirito sano è facilmente condotto per questa via a quella forma di scetticismo, che accorda a tutte le idee un ugual valore, sotto la sola condizione che si ritrovino in esse alcune qualità di coerenza del pensiero con se stesso.

Questo punto di vista può convenire alla Storia, per cui ogni Filosofia è il segno di una direzione dello spirito umano, e sotto tale riguardo costituisce di per sè un oggetto interessante di studio. Ma esso è pericolo per la Scienza, dove importa soprattutto distinguere la verità dall’errore. E rischia spegnere quella fiamma animatrice che accende nel filosofo l’amore della scoperta.

Ma anche, indipendentemente dal pericolo accennato testè, varii esempi dimostrano come, nello studio delle questioni della conoscenza, la pura visione delle idee generali dibattute nel campo filosofico riesca inadeguata. E perciò la storia della Filosofia, se voglia soccorrere utilmente ai problemi gnoseologici, deve integrarsi colla storia della Scienza, siccome appunto essa viene concepita da uomini che perseguono lo sviluppo del pensiero e la serie delle scoperte, al disopra della vita degli scopritori.

Si tratti, ad es., di discutere l’importanza della distinzione fra quantità e qualità.

Per Kant questa distinzione è stabilita a priori subiettivamente. Stuart Mill ha ripreso lo stesso concetto mettendolo, per quanto ci sembra, in una forma più chiara: le differenze che hanno radice in un diverso ordine di percezioni non sono suscettibili di un confronto quantitativo, cioè fanno capo a conoscenze qualitativamente irriducibili.

In questo senso sono qualitativamente irriducibili calore e movimento, elettricità e luce.

In che rapporto stanno tali affermazioni col principio cartesiano che tutto, nel mondo fisico, si spiega coll’estensione ed il moto?

L’esame della controversia filosofica potrà portare soltanto a questa conclusione generale: che, comunque le differenze di qualità si facciano corrispondere a differenze quantitative di un processo unico, la conoscenza completa dei fatti non si risolve in una tale spiegazione: ad es., la conoscenza dei fenomeni ottici non potrà esaurirsi in quel capitolo dell’Ottica che costituisce la teoria meccanica della luce presa in senso stretto.

Ma nella Scienza positiva la questione si pone in un modo diverso. Cioè si domanda se, ad ogni modo, i fenomeni qualitativamente varii del mondo fisico, possano venire rappresentati con un processo unico che ne porga