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riosi entrarono dentro, e penetrarono al di là dell’altare della Vittoria. Un senatore che avea allora finito il suo consolato, di nome Gallicano e di nazione cartaginese, e seco lui un altro senatore detto Mecenate, il quale era stato pretore, visti ch’ebbero i soldati, i quali, tutt’altro attendendosi, riteneano le mani sotto i mantelli, traggon fuori i pugnali, e con ferite in petto gli uccidono. Andavano allora i senatori tutti colle armi in dosso per avere in esse una difesa contro le insidie de’ nemici, portandole copertamente, ed alcuni eziandio discoperte. Non avendo dunque potuto que’ soldati difendersi dall’improvvisa aggressione, e distesi a terra giacendo i loro cadaveri, porse tanto terrore quella vista a’ loro compagni, che temendo un affollamento di popolo, fuggirono via precipitosamente. Ma Gallicano, spintosi furiosamente fuor della sala in mezzo al popolo, e mostrando il coltello e la mano gocciolanti di sangue, esortava la plebe a perseguitare ed uccidere i nemici del senato e del popolo romano, fautori ed amici di Massimino. Dalle quali parole indotta la plebe, gli rispose con grandi evviva: e, lanciatasi appresso i soldati, gli perseguitava a furia di sassi. Quei però, essendosi ritirati ne’ quartieri con quei pochi feriti che si ebbero, chiusero le porte: e, prese le armi, corag-