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Non ti voglia perduto e il re dei numi,
Che dei beni e dei mali arbitri sono.
Placide allor son l’aure e quete l’onde:
Sicuro spingi allora in grembo ai flutti
La presta prora, e il carco entro v’adatta.
Però affretta il ritorno al patrio tetto,
Non aspettar il nuovo mosto, e i nembi
D’autunno, e il verno che sorgiunge, e il turbo
Del fiero Noto, che tornato insieme
Col nembo aütunnal l’onde abbaruffa,
E le fa perigliose. – Altro v’è tempo
Pur buono a veleggiar, la primavera.
Quando simil della cornacchia all’orma
Vedi la foglia nei ficulnei rami,
Accessibile è il mar. È questo il tempo
Di navigarlo in primavera: io poi
Non tel consiglio; il cor non ben mi affida:
Còrlo t’è d’uopo in giusto punto, e appena
Sfuggiresti a un sinistro. Eppure il folle
Mortal vi si cimenta, avendo l’alma,
Oh sciagurato! schiava ognor del lucro.
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