Da Crëonte ei recossi e dall’augusta
Enïoca, e d’ospizio a lui cortesi
Furo, ed uffici gli prestâr qual dêssi
A supplicanti, e l’onoraro appieno.
Colla sua sposa, colla bell’Alcmena
Ei visse lieto, e al volgere d’un anno
Noi ne nascemmo d’indole diversa
E di pensier, tuo padre ed io. Gli tolse
Giove il senno quel dì che, abbandonato
Il patrio tetto e i genitori, andonne
Ad onorar l’empio Euristeo: mal cauto!
Chè cara ei poscia ne pagò col pianto
L’irrevocabil pena. E a me pur anco
Un nume impose aspri cimenti. – Amico,
Togliti in man le redini lucenti
Dei rapidi corsier, doppia il coraggio,
E saldo il ratto cocchio e dei corsieri
L’impeto reggi, nè temer lo strepito
Dell’omicida Marte, il quale offende
Or tracotato dell’arciero Apollo
L’invïolabil luco: ei fia ben tosto,
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