E batte in alta rupe, e ivi s’arresta;
Tale irrüendo il gravator10 di cocchi,
Il crudo Marte si scagliò sonante
Contr’Ercole, che in men che non balena
Risponde a quel furor. Pallade allora,
Dell’Egioco figliola, innanzi a Marte
Venne imbracciando l’egida tremenda,
E con torv’occhio lo guatando, alati
Accenti gli drizzò: «Marte, raffrena
Il tuo furore e l’invincibil destra;
Poichè di Giove al generoso nato
Non ti lece dar morte, e l’inclite armi
Vestirne: dalla pugna or dunque tratti,
Nè opporti al voler mio.» Disse, ma il duro
Core di Marte non piegò. Tonante,
Orrendamente palleggiando l’armi
Qual fiamma folgoranti, Ercole assale
Cupido d’atterrarlo. A tutta forza
Vibra la ferrea lancia, corrucciato
Dello spento suo figlio, al grande scudo.
Ma dal suo cocchio l’occhi-glauca Diva
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