Pagina:Esperienze intorno alla generazione degl'insetti.djvu/13

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DI FRANCESCO REDI. 9

certe ruvide cortecce spinose, non molto forse dissimili da quei ricci, co’ quali dal castagno vestiti sono i propri suoi frutti. Dottrina da questa diversa fu predicata da Epicuro, e da’ seguaci suoi, i quali vollero che dentro agli uteri della terra se ne stessero gli uomini, e gli altri animali tutti rinvolti in certe tuniche, ed in certe membrane, dalle quali rotte, e lacerate nel tempo della maturità del parto uscivano ignudi, ed ignudi ancora, e non offesi da caldo, o da gielo andavano or qua, ed or là suggendo i primi alimenti dalla madre; la quale avendo per qualche tempo durato ad essere di così maravigliose generazioni feconda, in breve, quasi fatta vecchia e sfruttata, diventò sterile; e non avendo più forza da poter generare gli uomini, e gli altri grandi animali perfetti, le rimase però tanto di vigore da poter produrre (oltre le piante, che spontaneamente senza seme si presuppone, che nascano) certi altri piccioli animaletti ancora; cioè a dire le mosche, le vespe, le cicale, i ragni, le formiche, gli scorpioni, e gli altri tutti bacherozzoli terrestri, ed aerei, che da’ Greci ἔντομα ξῶα, e da’ Latini insecta animalia furono chiamati. Ed in questo convengono tutte quante le scuole, o degli antichi, o de’ moderni filosofi; e costantissimamente insegnano, che infino al giorno d’oggi