Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/434

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428 varie

     E di me, tua fedel, cadendo in seno,
fra i trasporti piú teneri e costanti,
285al sopito dolor ponevi freno.
     Mi facevi gustar negli incostanti
moti un dolce piacer piú vivo ognora,
benché ognor ripetuto all’alme amanti.
     Languivamo d’aimor, ma i baci allora
290premean sul labbro in vorticosi giri
l’anima fuggitiva a far dimora.
     O piuttosto nei lor dolci deliri
volavan l’uno all’altro i nostri cori,
e seguivano il corso dei sospiri.
     295Felice io mi credeva in questi amori!
Godea tutta me stessa abbandonare,
semplice! in braccio a’ tuoi fallaci ardori.
     Né osato avrei giammai di sospettare
che quel, che presso Armida Amore arresta,
300mi volesse incostante abbandonare.
     Odiata aurora e sempre a me funesta,
di cui, per tormentarmi, al mio pensiero
la memoria crudel presente resta;
     spaventevole dì, che prevedere
305non potei, richiamandoti alla mente,
deggio, ahi lassa! calmare il dispiacere?
     Quai mortali non so: due, che fremente
abborrisce il mio cor, empi cristiani,
col soccorso d’un Dio, che odio egualmente,
     310superando, malgrado i sforzi vani
del mio poter, l’impraticabil loco,
le cui rupi ascondeansi ai sguardi umani,
     ti parlano di gloria, e a poco a poco
ti ravvivati nel cor, con detti ad arte,
315del fanatismo il quasi estinto foco.
     Ti involano da me; Rinaldo parte;
dal sen del mio piacer, che gli molesta,
ti traggono i crudeli in sen di Marte.
     Tremante io grido: — Arresta, ingrato, arresta!
320Tu non m’ascolti! Per l’oceano in giú
a ricondurti la tua vela è presta.