Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/436

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     Ove, da che partisti, intorpidita
spira natura, chè fuggi quel dio
che le donava animator la vita;
     e dove adesso invano il poter mio
365far quello, che giá un dì potea, procura,
un de’ tuoi sguardi ed il comun desio.
     No, Rinaldo, pietá: prenditi cura
d’un’amante smarrita e del mio stato.
Per te offesi le leggi e la natura;
     370tutto per te, mio bene, ho abbandonato:
la patria, il genitore e il mio dovere,
e quello che io giurai, tutto ho scordato.
     Con qual fronte oserò farmi vedere
entro Damasco, che vicino è omai,
375preda dell’armi tue, forse a cadere?
     in quelle mura, in cui del giorno i rai
vidi, di cui la gloria e il prisco vanto
al crudel amor mio sacrificai?
     Parla: mostrar deggio lacera il manto
380all’attonita terra, al suo dolore
Armida abbandonata, Armida in pianto?
     Forse esporre poss’io mio disonore
agli occhi suoi senza arrossir... quel prezzo
con cui pagasti il mio tradito amore?
     385Ma che dico? Temer degg’io disprezzo,
temer vergogna? Ahi! non conosco freno
all’amor che ti porto, e non gli apprezzo.
     Permetti che tua schiava io possa almeno
seguir i passi tuoi. Teco mi mena
390in quel campo, di cui svegliâro in seno
     mille sdegni i miei vezzi. Io di catena
cinti ho i cristiani tuoi, che m’han seguito:
tu gli vendica, amico, e m’incatena.
     Che ne consoli il mio dolor smarrito,
395e del nome d’amante io non sia priva,
altro non chiede questo cor tradito.
     Se mi permetti che a te presso io viva,
nel tuo campo non vo’ ch’altro mi preste
che il titolo ed il rango di cattiva.