Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/105

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parte prima. 97

studio della logica. Per esso vi sarà ben addirizzato l’intelletto. Lo vi si allaccerà in un paio di stivali alla spagnuola, affinchè vada guardingo e pian piano per la via maestra del pensiero, e non a zonzo qua e là, e per lungo e per traverso al modo de’ fuochi fatui. Di poi bisognerà spendere parecchi giorni in insegnarvi che quegli atti che a voi par di compiere in un sol tratto, con quella naturalezza onde si mangia e si bee, uno! due! tre! sono in ogni modo necessari. E veramente la fabbrica del pensiero somiglia al telaio di un tessitore, dove è da vedersi che una sola spinta del piè fa muovere mille fila; la spola guizza di su e di giú, gli stami invisibilmente s’intessono, e si generano infiniti collegamenti alla volta. Or ecco farsi innanzi il filosofo a dimostrarvi che dee appunto esser così; che poichè il primo è stato così, e il secondo così, il terzo ancora e il quarto ebbero ad esser così; e dove il primo e il secondo non fossero, del pari non sarebbero mai nè il terzo nè il quarto: voi intendete. Gli scolari d’ogni paese tengono gran conto di sì falle argomentazioni, ma niuno è ancora riuscito tesserandolo. Chi vuol conoscere e descrivere alcuna cosa vivente si studia in primo luogo di metterne fuori l’anima; allora egli tiene in mano ad una ad una le parti, e, oh lasso lui! non gli manca se non il nodo vitale. Quest’è ciò che la chimica chiama encheiresis naturæ, e si beffa di sè medesima, e non sa come.

Lo Scolaro. Io non ho afferrato bene.

Mefistofele. Tutto vi riuscirà più chiaro, quando abbiate ben appreso a fare le riduzioni e classificazioni convenevoli.