Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/117

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parte prima. 109

bertà, se i vostri vini fossero un po’ migliori.

Siebel. Non più, avete a ridircelo ancora?

Mefistofele. S’io non temessi che l’oste l’avesse per male, esibirei a questa onorevole compagnia del migliore della nostra cantina.

Siebel. Eh, date pur qua, ch’io tolgo sopra di me la stizza dell’oste.

Frosch. Porgetecene un bicchiere del prelibato, e diremo gran bene di voi. Solo non vogliate darcene una misera mostra, chè s’io ho a giudicare, bisogna che me n’empia ben bene la bocca.

Altmayer (a parte). Son del Reno, cred’io.

Mefistofele. Procurate un succhiello.

Brander. Che ha a fare il succhiello? Voi non avete già le botti alla porta?

Altmayer. Là dietro l’oste tiene una sporta di stromenti.

Mefistofele prende il succhiello a Frosch. Dite su: che vino desiderate voi?

Frosch. Che intendete di dire? Ne avete una gran varietà?

Mefistofele. Ognuno può scegliere a suo talento.

Altmayer a Frosch. Ah, ah, tu te ne lecchi giả le labbra.

Frosch. Or bene, poichè ho a scegliere, voglio vin del Reno io; chè i migliori doni son quelli che ne vengono dalla patria.

Mefistofele, forando l’orlo della tavola al posto di Frosch. Date qua un po’ di cera per farne tosto de’ turaccioli.

Altmayer. Uh, le son arti da ciurmadori.

Mefistofele a Brander. E voi?