Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/118

Da Wikisource.
110 fausto.

Brander. Io voglio Sciampagna, e che salti e spumeggi.

Mefistofele segue a forare, e uno di essi vien turando i fori con turaccioli di cera. Non sempre si possono evitare le cose forestiere; chè il buono ne sta spesso assai discosto! Un pretto Tedesco non può patire alcun Francese, ma bee di buon grado i i lor vini.

Siebel mentre Mefistofele gli si accosta. Se ho a dire il vero l’agro non mi conferisce; datemene un bicchiere del dolce.

Mefistofele, forando. Per voi scorrerà tosto Tocai.

Altmayer. Ehi, galantuomo, miratemi in viso. Siete sul burlare, non è vero?

Mefistofele. Oh, oh! sarebbe troppo arrischiare con signori di simil fatta! Su via, dite: di che vino posso servirvi?

Altmayer. Di tutti! e speditevi.

Poichè ogni foro è fatto e turato, Mefistofele con gesti strani:

        La vite aspra di stecchi
     Mette l’uve gradite;
     Metton le corna i becchi;
     Mostoso è il vino, ed è legno la vite;
     E questo duro desco a chi lo fora
     Ben può dar vino ancora.
     Molto può al mondo
     Chi nel profondo
     Sen di natura vede:
     Un miracolo è questo: abbiate fede!

Ora traete i turaccioli, e sguazzate.