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144 | fausto. |
Fausto. E tu mi perdoni, non è vero? Io fui bene sfacciato di appressarmiti a quel modo allorchè uscivi appena del duomo.
Margherita. Io rimasi attonita; chè mai non m’era occorso simil caso; e non ho mai dato che dire di me. Ohimė, io pensava, ha egli forse veduto nel tuo contegno alcun che di sconvenevole e di poco onesto? Gli è tocco a un tratto la fantasia, proprio come se credesse di aver a fare con una fraschetta. Ma il dirò io? Allora... allora cominciò a parlarmi nell’animo un non so che in favor vostro; ed io era malcontenta di me sentendo ch’io non sapeva essere malcontenta di voi.
Fausto. Gioia mia!
Margherita. Via, state un po’ cheto! (Coglie un fiore a stella e ne spicca ad una ad una le foglie.)
Fausto. Che n’ha a riuscire? un mazzolino?
Margherita. No; egli è un giuoco.
Fausto. Come?
Margherita. Oh, andate! Voi vi burlereste di me. (Sfoglia il fiore, e mormora sommessamente.)
Fausto. Che vai tu mormorando?
Margherita con più chiara voce. Egli mi ama — egli non mi ama!
Fausto. Cuor dell’anima mia!
Margherita continuando. Mi ama — non mi ama. — Mi ama — non mi ama — (spiccando l’ultima foglia con soave gioia) Egli m’ama!
Fausto. Sì, mia fanciulla; la parola di quel fiore ti affidi, simile ad una voce che ti scendesse dal cielo. Egli ti ama! E intendi tu, fanciulla, che vuol dire: Egli ti ama?