Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/161

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parte prima. 153

Margherita. Oh, s’io avessi alcun potere sopra di te! Tu rispetti poco i Santi Sacramenti.

Fausto. Io li rispetto.

Margherita. Ma senza frequentarli. Egli è un gran pezzo che non vai alla Messa, e che non ti se’ confessato. Credi tu in Dio?

Fausto. Anima mia! chi osa dire io credo in Dio? Domandane i preti e i sapienti, e la loro risposta ti parrà una derisione: diresti ch’ei volessero farsi giuoco di te.

Margherita. Però tu non ci credi.

Fausto. Non mi frantendere, mio dolce amore! Chi osa nominar Dio, e dire: Io credo in esso? E chi può aver animo che sente, e attentarsi di dire: Io non credo in esso? nel comprenditore e sostentatore di tutte le cose? — E non comprende e sostiene egli te, me, sė medesimo? Non s’inarca lassú il cielo? Non si stende quaggiù salda la terra? E non sorgono, amicamente arridendoci dall’alto, le stelle immortali? Non raggia il mio occhio nel tuo occhio? Non tutte le cose si traggono verso la tua mente e il tuo cuore, e vivono e si rivolvono in eterno mistero — visibili od invisibili — intorno a te? E tu riempi di questo ineffabile portento il tuo petto; e se ti senti allora pienamente beata, nominato come tu vuoi: dillo felicità! dillo cuore! amore! Dio! Io non ho alcun nome per esso. Sentire è tutto; e non è il nome altro che suono ed ombra che offusca lo splendore che ne viene dal cielo.

Margherita. Belle e savie cose son queste; e a un bel circa dice il medesimo anche il paroco, benchè in parte con altre parole.