Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/513

Da Wikisource.

parte seconda. 505

   Pel braccio poderoso
   Che a minacciar si volse,
   Tal che dal loco santo i piè ritrassi;

    ho io da temere? (Sal. 26,). E provveduti di scarso viatico, si rintanavano chi qua chi là nel deserto, dove pregavano e digiunavano a lungo. Prima però della domenica delle Palme erano tutti di ritorno, e nessuno interrogava il fratel suo intorno all’uso che avesse fatto del suo tempo, ed a’ luoghi da lui visitati. E così pure facea Zosimo, il quale, camminando tutta quanta la giornata, dormendo sulle arene infocate, e trattenendosi in continue preci ed aspirazioni, chiedeva al cielo la grazia di poter abbattersi in cotale anima che a maggiore edificazione lo conducesse. Or avvenne che nel vigesimo dì del suo pellegrinaggio, sull’ora di festa gli apparve d’improvviso, a diritta, come l’apparenza d’umana creatura. Sbigottì sulle prime tenendo quella essere diabolica illusione mossa a tentarlo; ma, poi che si fu segnato, fattosi animo, prese a seguitare la fantasima che precipitosa correva da Oriente. Oh prodigio! la era quella una doona, annerita in tutte le membra dalla sferza del sole, e co’ capegli increspati, e candidi come bioccoli di lana intorno alla nuca. Zosimo allora s’allegrò non poco d’aver trovata un’umana creatura, dopo corsi tanti giorni senza scorgere pur solo per quelle tetre solitudini una fiera o un augello, e bramò di conoscere quella femmina chi fosse. Se non che ella, quanto più il vecchio affannavasi per correrle dietro, tanto più veloce e affrettata correndo, cacciavasi a furia per la deserta landa. “Qual timore può ingerirti un gramo e debole vecchio, gridava Zosimo, che mi fuggi così? Fèrmati, te ne scongiuro, e dammi una preghiera e la tua benedizione nel Signore che non rigetta alcun peccatore.” Ed allora fecero alto in riva ad una secca sorgente, di qua il vecchio, e quella apparenza umana al di là. “Abbate Zosimo, cominciò questa a dire, perdonami in nome di Dio; però ch’io non posso mostrarmi a te, essendo donna, e spoglia di tutte vestimenta; gittami il tuo mantello sicchè possa coprire la mia nudità ed arrendermi alla tua preghiera.” Rimase attonito Zosimo all’udirsi chiamare per nome, e movendosi all’indietro lasciò sopra di lei il mantello cadere. Dopo ciò prese quella a dirgli: “Che vuoi tu da una femmina peccatrice?” A tali parole cadde egli sui ginocchi, e le chiese la sua benedizione; altrettanto fece la donna, lui scongiurando che la benedicesse. — Così durarono gran tempo, e pur finalmente colei ripiglio: “A te, o Zosimo, s’aspetta il benedire e il pregare; a te che sei sacerdote, e ministro a’ divini altari.” e l’altro rispose: “La grazia del Signore è sopra di te, che sai il nome mio, senza avermi visto giammai: e però dègnati di benedirmi.” Allora quella il benedisse, e levaronsi