Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/512

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504 fausto.

   Che di là tosto uscita
   Perenni in su l’umana
   Progenie verso poscia acque di vita; —

Maria Ægyptiaca.1

   Pel freddo, sanguinoso
   Sasso che un dì raccolse
   Del martire divino i membri lassi;

  1. Di questa Maria Egiziaca non si fa alcuna menzione nelle sante Scritture, e certo Goethe l’ebbe nelle Leggende (Acta Sanctorum) rinvenuta. Se ne fa per lo più la festa nel giorno istesso in cui ricorre quella di S. Zosimo, segnatamente presso i Greci Cattolici o Latini. Qualche volta le vien dato in Occidente il nome di Maria la Nera per la sua origine egiziana, e per gli anni molti passati da lei nel deserto. Molti l’ebbero confusa colla Madre del Cristo, donde la ridicola tradizione che la S. Vergine sia di color nero, o per lo meno abbronzato, e la pretesa di fare una Negra della più avvenente, leggiadra e perfetta creatura che giammai ne fosse da’ cieli largita. — Ecco ora come nella Leggenda narrasi l’incontro di lei con Zosimo nel deserto; cito qui il testo di Sofronio, vescovo di Gerusalemme, tradotto di greco in latino dal celebre Paolo Diacono a’ tempi di Carlo Magno. Si accenna pure questa Leggenda nelle Probatæ Sanctorum Historiæ di Lorenzo Surio (Carthus. Col. Agripp. 1578, fol. T. II, p. 662-72.); e in un MS. del decimoquinto secolo, ricco di stupende miniature: «In un monistero della Palestina viveva un uomo di illibati costumi, di fede sublime, e di un’austerezza di vita senza pari, per nome Zosimo; il quale fiu da fanciullo erasi dato alla pietà, e compiera a que’ dì l’anno suo cinquantesimo terzo. Un bel giorno, gli entrò nel capo il pensiero d’essere oramai all’apice della scienza e dell’annegazione pervenuto, e di non avere altro più da imparare sulla terra. Ma una voce gl’imponeva tosto d’uscire e di mutar paese; chè la perfezione non è cosa di quaggiù, dove una lotta fatale, eziandio a nostra insaputa, ve sta d’innanzi. Ed egli usciva tantosto, e guidato dal Signore, ad un chiostro avviavasi in riva situato del santo fiume Giordano. Accolto colà dentro in qualità di ospite, vide praticarvisi le penitenze più rigide che fossero mai: il digiuno e la preghiera, sacre salmodie fosse di fosse notte, e l’inesorabile disprezzo di quanti beni ha la terra. Le porte del chiostro mai non si schiudevano, salvo che una volta nell’anno, verso il principio della quaresima, epoca nella quale ciascuno s’industriava di prepararsi con macerazioni ognor più rigorose a’ gaudi della santa Pasqua. Allora in pieno coro cantavano: Il Signore mia luce e mia salute: chi