Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/95

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parte prima. 87

Fausto. Poichè una soave consueta armonia mi ha svelto a’ miei crudeli proponimenti, e col senso di giorni più lieti ha deluso in me quel poco che ancora mi avanza della mia giovinezza, io quindi maledico tutte le cose che allacciano l’anima con blandimenti menzogne, e accecandola e adulandola la allettano a durare in questo tristo fondo di miseria! E primieramente sia maladetto il gran pregio nel quale la nostra mente tiene sè medesima! Maladetti gl’inganni dell’apparenza che mai non cessano di sopraffare il nostro intelletto. Maladetto tutto ciò che si maschera di bontà per indurre in noi riverenza; — ciò che ne par bello e santo, — i sogni fallaci del nome e il vento della gloria! Maladetto quanto ne par soave di possedere, donna e figliuolo, servo ed aratro! Maladetto Mammone, che con tesori ne stimola a falli temerari, o ne adagia per pigre voluttà su morbidi letti! Maladetto il balsamo dei grappoli! Maladetti i favori supremi dell’amore! Maladetta la speranza! maladetta la fede! e, sopra ogni cosa, maladetta la pazienza!

Coro di spiriti invisibili.

        Ahi! ahi! con vïolento
     Braccio tu l’hai sovverso
     Il bel mondo; ei si squarcia, ei si dissolve!
     Un semideo l’ha in polve, —
     Chè tanto un uomo non potea — converso.
     E noi la brulla
     Ruina sua giù per le morte strade
     Travolgiamo del Nulla;
     Noi lamentiam lo spento
     Fulgor di sua beltade.