Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/99

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parte prima. 91

volontariamente disposto dei giorni miei per i secoli dei secoli? Anche uno scritto! — Non travolge il mondo tutte le cose nelle sue voraci correnti? Ed io sarò tenuto in ceppi da una promessa? E, o lasso! questa vanità governa nondimeno tutte le menti: e chi si attenterebbe di sottrarvisi? Felice chi custodisce la fede nel mondo suo cuore; egli non avrà mai a dolersi di alcun sagrificio! Ma una pergamena scritta e suggellata è uno spettro dinanzi al quale non è chi non raccapricci; la parola va a morire nella penna, e cera e cuoio signoreggiano. Che vuoi anima infernale? vuoi bronzo, vuoi marmo, vuoi pergamena, vuoi carta? scriverò con lo stilo, con lo scalpello, con la penna? scegli qual più ti piace.

Mefistofele. Come puoi tu dare in simili escandescenze? e che fa al fatto nostro si gran profluvio di parole? Basta un fogliuzzo qual che egli sia, e ti soscrivi con una goccioletta di sangue.

Fausto. Poichè t’ha a contentare, sarà soddisfatto anche a questo capriccio.

Mefistofele. Il sangue è un socchio di virtù singolare.

Fausto. Via, non temere ch’io ti disdica mai quello che li ho promesso; però ch’io non ho patteggiato teco se non ciò appunto che fu sempre il termine de’ miei smoderati desiderii. Io mi son levato in tanta superbia, che oramai son salto uno della tua schiera. Più alti spiriti mi hanno sdegnato; la natura si è chiusa dinanzi a me: il filo del pensiero è lacero, e da gran lempo ho a schifo ogni scienza. Saziamo le nostre ardenti passioni nel golfo delle sensua-