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Nè qui si arrestarono le loro rappresaglie. Al principio di settembre i medesimi invasero la terra di S. Gervasio e guastarono in parte le tre torri di cui una spettava a Comignolo Osio, l’altra a Descavedo de’ Federici, e la terza ai fratelli Crema.
Ma non andò molto che Facino Cane, uno de’ più valorosi ed arditi conduttieri, e Francesco Visconti obligarono Pandolfo a ritirarsi fino alla Pieve di Incino, ed a rinchiudersi nel castello d’Erba. Mentre era quivi assediato, il Castello di Trezzo gli fu tolto dai Colleoni potenti signori guelfi del Bergamasco. Ma come appunto sia seguita la presa, variamente si racconta dagli storici. Pietro Spino afferma che Paolo Colleoni detto il Puhò, padre del gran Bartolomeo, vi si introdusse con astuzia e ardimento e, cacciatone il castellano, l’occupò. Il Corio invece narra che in passato Giovanni Galeazzo Visconti avea posto nel Castello di Trezzo, siccome chiave del suo dominio, due castellani, cioè Torturone da Casale S. Evasio, e Ottobono Salimbeni piacentino, il quale per somma avarizia, occiso il compagno, s’impossessò della fortezza. Pochi dì appresso conversando col Salimbeni Paolo Sozzo e Pietro Colleoni, fecero entrare molte armi nel castello per mezzo di portatori di vino che mostravano donare al Salimbeni, ed infine lo espulsero. Ma su questo punto noi crediamo miglior partito attenerci ad un cronista allora vivente, e di cui perciò riassumiamo la narrazione1. Mentre che il
- ↑ Castello di Castello notajo di Bergamo. È autore di un Chro-