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Pagina:Ferrario, Trezzo e il suo castello schizzo storico, 1867.djvu/77

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attendesse, deliberò di surrogargli Antonio Mirani

    nè concubine. Semo ben contenti che alli compagni et provixionati possi lassare tenire le mogliere de octo fin in X ad tua ellectione, dummodo non habiano in Trezo, nè li presso mancho de XX miglia, patre, matre, fratelli, figlioli, sorelle, nè parenti.
    Octavo. Non volimo che in quelle fortezze accepti presone alcuno senza nostra licentia, aut se da nostri officiali non te saranno consigliati per casone de Stato o altra cosa importante, et quelli accepteray per quale se sia de diete casone, non li lasseray, senza nostra licentia sottoscripta de nostra propria mano, signata de mano de uno de dicti nostri secretarij, et sigillata del nostro ducale sigillo.
    Nono. Non volimo che tu, nè alcuno de li tuoi faci parentato con alcuno senza nostra licentia, et alla porta et rastello de diete forteze teneray tal guardia et ordine che veruno non li possi entrare senza tua saputa et secundo questi nostri ordini o altri te darimo in l’avenire, non tenendo ti, nè alcuno delli toy possessione ad fleto appresso Trezo mancho de XX miglia.
    Decimo. Quando per modo o via alcuna ti accadesse sentire cosa alcuna che fusse contra el Stato, honore et persona nostra o de nostri figlioli, non lo consentiray, imo con tutti li toy sentimenti et forza lo devederay, et subito per tue lettere o messi ne aviserai in ogni loco dove saremo, et quelle cose te commetteremo le teniray secrete et exequiray fidelmente, et faray tutte l’altre cose è obligato fare caduno vero castellano et fidel servitore verso el suo signore, Dat. Mediolani, XV aprilis 1467.

    Galeaz Maria Sfortia Vicecomes

    manu propria. — Cichus.

    La pratica generalmente seguita nel dominio Sforzesco nella consegna dei forti dall’uno all’altro castellano era la seguente. Colui che usciva di carica consegnava al nuovo custode il castello insieme con tutte le munizioni da offesa e da difesa già state a lui rimesse in nome del principe, facendo stendere delle medesime un inventario che si riduceva a publico istrumento notarile, di cui si mandava una copia autentica alla corte. — Il contrassegno dato all’Arcimboldo simile a quello con cui il principe avrebbe suggellate le sue lettere dirette ad esso castellano, fu in cera nera con la testa di una serpe.