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introduzione xix

solitudine, dopo aver annientato tutte le forze rivali. In fondo a questa contemplazione di Parigi, c’è una apologia della libertà.

Tale era il piano del libro al quale Leo lavorò due anni. Il piano era molto audace e mise a dura prova le forze del giovane scrittore; ma nella misura in cui poteva essere attuato, Leo trionfò degli ostacoli. Egli aveva provato a se stesso di poter essere uno scrittore francese, aveva tratto dal caos un primo modello d’ordine, ancora imperfetto, che se non dominava il caos totalmente, lo dominava in parte, con la forza della libertà. Mentre attendeva al suo «Paris», moltiplicava le letture in tutte le direzioni; studiava le filosofie e le religioni dell’Oriente; si concedeva di quando in quando delle vacanze per visitare l’Europa. Di queste letture, riflessioni e viaggi, resta una specie di turbine che gira attorno ad un asse aereo; note, frammenti, pensieri, più o meno raggruppati attorno ad una dottrina generale della vita, che cominciava a organizzarsi nel suo spirito. Questo turbine doveva passare nella sua opera letteraria, cristallizzarsi in scene, in personaggi, in tipi viventi.

Leo si proponeva di incominciare con un romanzo ciclico, che raccontasse la storia di un gruppo di personaggi dalla loro prima giovinezza fino all’età matura, prima della guerra e poi pel fascismo. I tempi di disordine rivelano gli uomini.

Aveva concepito il piano di questo ciclo tra il 1931 ed il 1932; e l’aveva finito nel settembre del 1932, quando partì per completare la sua preparazione spirituale con un ultimo viaggio attorno al mondo.

In America, a New Haven, dove si fermò sei mesi, scrisse il primo volume. Un gruppo di adolescenti e di giovani dai quindici ai ventidue anni è sorpreso a Firenze, nel 1915, dall’uragano della guerra mon