Pagina:Ferrero - Angelica, 1937.djvu/26

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xxii introduzione

con cui il dispotismo s’impone alla complice debolezza delle sue vittime.

Raffigurano ed esprimono le tappe successive della liberazione: la solitudine atroce della resistenza che nasce in alcune coscienze superiori simbolizzate in Orlando; le diffidenze che circondano paurose chi resiste; il coraggio, la perseveranza, lo spirito di sacrificio necessari a scuotere il senso morale intorpidito dagli schiavi; l’esplosione d’entusiasmo sincero che scuote le folle, quando la tirannide incomincia a vacillare; tutta la tragicommedia dell’uomo che nella lotta per la sua libertà si rivela ancora una volta un essere contradditorio, un mostro angelico, un bruto sublime.

Raffigurano ed esprimono la perversione aggressiva del maschio che si inebria ad opprimere; e quella passiva della donna che si compiace di essere oppressa: due facce dell’eterna contraddizione nella quale è il nodo centrale dell’immane problema. La perversione aggressiva è rappresentata dal Reggente, la passiva da Angelica, la figura più enigmatica del dramma, la più profonda ed in pari tempo la più simbolica e la più reale.

Raffigurano ed esprimono, infine — ed in ciò credo stia la grande originalità del poema — la ricaduta nella schiavitù, nella quale tutte le liberazioni rischiano di terminare, se i liberati non sono ancora degni della libertà; le illusioni, gli egoismi, le passioni malvage che rendono così difficile agli uomini il rispettarsi reciprocamente e il riconoscere che ciascuno ha diritto a proprie aspirazioni. Per quale ragione è una donna che uccide il liberatore?

Il dramma è completo. È per questo che si cercherebbe invano l’entusiasmo romantico dell’89,