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xxiv introduzione

superstizione dell’autorità e da Dio in cui credeva ancora. Entrare nei tempi in cui l’uomo dovrà difendersi con una saggezza e una morale superiori contro la tirannia dell’uomo, servita da tutte le forze della natura e da tutti i deliri dello spirito scatenato. I Moloch del passato non sono stati che mostri inoffensivi, in paragone degli stati onnipotenti, stupidi e feroci che sorgono oggi nel mondo. I popoli dell’Occidente fatui ed orgogliosi che si credevano già liberi, si accorgeranno un giorno non lontano di essere i più miserabili schiavi della terra. Il problema della libertà che credevano risolto è stato appena posto, e dovrà esser risoluto.

Donde è venuta a questo poeta di ventisei anni l’ispirazione di questo poema quasi profetico, che non si riattacca alle altre opere che ha lasciato al quale nessuno dei libri che avrebbe scritto, se fosse vissuto, si sarebbe probabilmente avvicinato; che non ha nè fratelli nè cugini nella famiglia letteraria? Giovanissimo, Leo fu coinvolto da una concatenazione misteriosa di eventi, nelle prime scaramucce di questa lotta che occuperà per secoli la storia; ne sofferse, e dal suo dolore, dalle sue vicende, dal suo esilio ha cavato questo poema. Giovane aedo, si è lanciato all’inizio della battaglia, cantando l’inno di guerra. Non è caduto in battaglia; gli Dei l’hanno rapito in una nube nel folto della mischia.... Ma sofferse per la libertà; per la sua libertà, per la libertà dei suoi, per la libertà della sua patria, per la libertà; degli uomini e del mondo. Sentì confondersi il suo dolore ed il suo destino con una delle più gigantesche tragedie della storia. Vide, attraverso le sue vicende personali, il dramma universale, e potè — a ventisei anni — esprimere uno dei momenti più tragici della