Pagina:Ferrero - Appunti sul metodo della Divina Commedia,1940.djvu/54

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«Era già l’ora che volge il disio
Ai naviganti, e intenerisce il core,
3Lo dì che han detto ai dolci amici addio;
E che lo novo peregrin d’amore
Punge, se ode squilla di lontano,
6Che paia il giorno pianger che si muore.»

Purgatorio, VIII,1-6


Dante mira sempre dentro e scrive come un pianista che non pensa più alle note, ma per interpretare bene s’interna con lo spirito nel significato che dà alla musica, e suona seguendo con la mente questo sentimento più che con l’occhio le pagine. La cosa è molto diversa.

Egli non tende a darci un’imitazione musicale, ma ad esprimere le differenti impressioni che dà la musica:

«... «Te Deum laudamus!» mi parea
Udire in voce mista al dolce suono.
3Tale immagine appunto mi rendea
Ciò ch’io udiva, qual prender si suole
Quando a cantar con organi si stea,
6Ch’or sì or no s’intendon le parole.»

Purgatorio, IX, 140-146


«Al Padre, al Figlio, allo Spirito santo»
Cominciò «gloria!» tutto il Paradiso,
3Sì che m’inebrïava il dolce canto.
Ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso
Dell’universo, per che mia ebbrezza
6Entrava per l’udire e per lo viso.»

Paradiso, XXVII, 1-6

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