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LE ANCELLE
- O Dei, qui è cascata una triste sventura
e un fato scosceso e terribile
come il precipizio d’un monte.
Il cielo sereno dell’isola si è ricoperto
di nera cirraglia e si intorbida
l’acqua dell’Aretusa.

- Itaca un tempo era l’isola più fortunata
ed il più bel gioiello incastonato nel mare.
E l’alba sorgeva più presto per lei rivedere,
e a malavoglia, piangendo, partiva dall’isola il sole
- e singhiozzava a lungo e impallidiva il crepuscolo.
E le fanciulle ridevano come fontane.

- Il Re, in mezzo a giovani forti e veloci
cacciava con l’arco divino
i cervi dai rami fronzuti
e le pantere pezzate.
E dalle sue case saliva
il fumigar della pace.

- Ma s’è perduto ormai il nostro signore, e la nostra
Regina consuma i suoi limpidi occhi piangendo.
E i Proci la privano d’ogni ricchezza e minacciano
il figlio - O abitanti del Regno di Pluto ove forse
si sentono i rulli dei carri ed i colpi del vostro
lottare e del vostro giocare, o fanciulli immortali?

- Apollo, Dio dall’occhio profondo
come i gorghi del mare,
Apollo, molo contro le sventure;